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Analisi e commenti

Registro proporzionale per l’omologa
del concordato con terzo assuntore

Irrilevante che gli acquisti riguardino soltanto i crediti della società fallita, occorre guardare, afferma la Corte suprema, all’effetto che il provvedimento produce superando il generico criterio nominalistico

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Il decreto di omologa di un concordato fallimentare con terzo assuntore, previsto dall’articolo 124, Rd, n. 267/1942 (legge fallimentare) sconta l’imposta di registro in misura proporzionale anche nell’ipotesi in cui la massa attiva comprenda solo crediti della società in fallimento.
Il dato normativo di partenza è rappresentato dall’articolo 8 della Tariffa, parte prima, allegata al Dpr n. 131/1986 recante il trattamento fiscale degli atti giudiziari, discutendosi se i provvedimenti in questione siano annoverabili tra quelli di cui alla lettera g) relativa agli “atti di omologazione”.
Tale soluzione privilegerebbe un “criterio nominalistico” adottato dalla giurisprudenza della Cassazione con riferimento alle ipotesi di concordato con cessione di beni o quella di concordato con garanzia (sentenze n. 10352/2007 e n. 19141/2010).
A tali conclusioni si è uniformata l’Amministrazione finanziaria con la risoluzione n. 27/2012, superando le indicazioni in precedenza fornite con la risoluzione n. 28/2008.
Entrambe le ipotesi, peraltro, sono da tenere distinte rispetto al caso di concordato con trasferimento dei beni al terzo assuntore in cui prevale l’effetto traslativo ai fini della corretta tassazione, come precisato dalla risoluzione summenzionata e ribadito dalla circolare n. 27/2012.

Esattamente, il concordato fallimentare con l’intervento del terzo assuntore, disciplinato dall’articolo 124 della legge fallimentare, si caratterizza in via generale per la circostanza che l’assuntore si obbliga a soddisfare i crediti concorsuali nella misura concordata in base allo schema civilistico dell’accollo (articolo 1273 del codice civile), dietro corrispettivo della cessione delle attività fallimentari.

Contrariamente a quanto accade nella procedura di concordato con cessione di beni o in quella con garanzia, nel caso del concordato con terzo assuntore, l’atto giudiziario di omologa produce effetti immediatamente traslativi. È proprio tale effetto a giustificare il diverso trattamento impositivo in sede di registrazione del decreto di omologa.
Ciò è quanto affermato anche dalla Corte di cassazione che ha ritenuto il provvedimento soggetto all’imposta di registro in misura proporzionale in ragione degli effetti immediatamente traslativi del provvedimento con il quale il terzo assuntore acquista i beni fallimentari, escludendo la rilevanza del generico e nominalistico riferimento agli “atti di omologazione” contenuto nella lettera g) del suddetto articolo (Cassazione civile, sezione VI, ordinanza n. 3286/2018).
Sul fatto che il terzo assuntore acquisti i beni fallimentari già con l’omologa del concordato, ponendosi gli eventuali successivi provvedimenti del giudice delegato quali atti meramente esecutivi si richiamano anche: Cassazione, pronunce nn. 15716/2002, 8832/2007, 4863/2010 e 6643/2013.

La Corte suprema ha, in particolare, evidenziato che i pronunciamenti che hanno ritenuto applicabile l’imposta in misura fissa avevano come oggetto ipotesi di concordato con cessione dei beni e a garanzia (ex plurimis: Cassazione nn. 19141/2010, 19596/2015 e 11585/2007) in cui manca l’immediato effetto traslativo.
Tali principi sono stati ribaditi anche recentemente con l’ordinanza n. 13352 del 1° luglio 2020 in una fattispecie in cui oggetto del trasferimento in capo al terzo assuntore era rappresentato non da beni o diritti reali, bensì da crediti.
In particolare la Cassazione, in accoglimento del ricorso dell’Amministrazione finanziaria, confermando il precedente indirizzo, ha ancora una volta fatto leva sull’effetto immediatamente traslativo del decreto di omologazione del concordato fallimentare, in quanto è già con questo provvedimento che il terzo assuntore acquista i beni fallimentari.

Nella specifica ipotesi i giudici di legittimità, quindi, hanno ritenuto correttamente applicata l’imposta in misura proporzionale rientrando la fattispecie nell’ambito dell’articolo 6 della Tariffa, parte prima, del Dpr. n. 131/1986, che fa specifico riferimento alle cessioni di credito, in luogo dell’articolo 8 lettera g) della Tariffa citata.
La posizione, peraltro, non sarebbe neppure in contrasto con i diversi e antecedenti pronunciamenti della stessa giurisprudenza di legittimità, che ha invocato il criterio nominalistico come giustificazione della tassazione in misura fissa (Cassazione, decisione n. 11585/2007), riguardando in quel caso, la fattispecie, un concordato con garanzia, senza immediato effetto traslativo.

In conclusione, ai fini dell’imposta di registro, occorre guardare all’effetto prodotto dall’atto e, qui specificamente, all’effetto traslativo che il provvedimento produce in capo al terzo assuntore; ciò in coerenza – si legge nell’ordinanza da ultimo citata – con quanto previsto dall’articolo 20 del Dpr in discorso, anche nella formulazione risultante dalla modifica apportata alla legge n. 205/2017.

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