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Analisi e commenti

Adempimenti collegati alle procedure concorsuali (2)

Rimborsi Iva: richiesta, compensazione, cessione del credito

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Come per le imprese in attività, anche in corso di procedura concorsuale, qualora dalla dichiarazione annuale risulti un'eccedenza a credito, la stessa può essere riportata in detrazione nell'anno successivo ovvero, in caso di cessazione dell'attività, l'importo può essere richiesto a rimborso. La cessazione d'attività è da identificare col momento in cui sono ultimate le operazioni rilevanti ai fini Iva, a seguito di presentazione di dichiarazione di cessata attività, che non coincide necessariamente con la chiusura del fallimento.

Rimborsi Iva a procedure concorsuali

Come detto, la dichiarazione redatta ai sensi dell'articolo 74-bis del Dpr 633/1972 può terminare con evidenziato un debito o un credito Iva.
Nel caso in cui emerga un debito, l'ufficio competente procede all'iscrizione a ruolo del relativo importo, che costituirà titolo per l'insinuazione nella procedura concorsuale.
Nel caso emerga un credito, invece, lo stesso dovrà essere riportato nella dichiarazione presentata dal curatore per la frazione d'anno post dichiarazione fallimentare.

Sulla valenza e portata della dichiarazione ex articolo 74-bis, vi sono pareri discordanti:

 

  1. secondo l'Amministrazione finanziaria, la dichiarazione ha lo scopo, unico, di "fotografare" la situazione del contribuente alla data di apertura del fallimento, così come la dichiarazione che il curatore redige al giudice fallimentare ai sensi dell'articolo 33 del Rd 267/1942. Non ha dunque lo stesso carattere "conclusivo" delle dichiarazioni annuali, cui si richiama l'articolo 30 del Dpr 633/1972 ai fini della possibilità di richiedere il rimborso: "Se dalla dichiarazione annuale risulta che l'ammontare detraibile … e' superiore a quello dell'imposta relativa alle operazioni imponibili … il contribuente ha diritto di computare l'importo dell'eccedenza in detrazione nell'anno successivo, ovvero di chiedere il rimborso nelle ipotesi di cui ai commi successivi e comunque in caso di cessazione di attività". Pertanto, il curatore ha la possibilità di riportare il credito in detrazione nella dichiarazione relativa alla frazione d'anno successiva al fallimento e, in questa sede, chiedere il rimborso in presenza dei presupposti dell'articolo 30 del Dpr 633/1972. In mancanza dei presupposti, il credito può essere riportato nelle dichiarazioni successive
  2. secondo la giurisprudenza, la dichiarazione ex articolo 74-bis è equiparabile alla dichiarazione di cessazione dell'attività (dell'impresa), per cui la stessa può essere titolo per la richiesta di rimborso da parte del curatore.

Molto probabilmente la differenza interpretativa nasce dall'equivoco che può sorgere nella lettura dell'articolo 30, comma 1: "… e comunque in caso di cessazione dell'attività" laddove il "comunque" non viene collegato a "Se dalla dichiarazione annuale…". Infatti, se è corretto ritenere la dichiarazione ex articolo 74-bis quale "finale del periodo di attività" ai fini civilistici e fallimentari, non è possibile ritenerla tale ai fini Iva, visto che per dichiarazione finale a tali fini si intende quella presentata dopo la chiusura della partita Iva. Infatti, anche in caso di procedura concorsuale, la dichiarazione Iva da parte del curatore ha carattere di continuità con l'attività svolta dal contribuente fallito, avendo la procedura "carattere liquidatorio" di un'attività non più in grado di autogestirsi.

Le due posizioni si riassumono, la prima, nella risoluzione 181/95 e, la seconda, nella sentenza della Corte di cassazione n. 19169/2003.

Risoluzione n. 181 del 12/7/1995
Secondo la risoluzione ministeriale, la dichiarazione ex articolo 74-bis trova il suo presupposto nella dichiarazione di fallimento ed è strettamente connessa a tale situazione, per cui non può essere assimilabile alla dichiarazione annuale. La presentazione di tale dichiarazione è strettamente strumentale alla finalità di "fotografare" la situazione contabile dell'impresa alla data di dichiarazione di fallimento, evidenziando l'esistenza di un eventuale saldo a debito o a credito. Il rimborso del credito Iva potrà essere richiesto "al pari degli altri contribuenti" ai sensi e alle condizioni previste dall'articolo 30, e quindi solo se lo stesso emerge dalla dichiarazione annuale, che è la sintesi dell'intero periodo d'imposta.
Le valutazioni della risoluzione vengono inoltre richiamate nelle istruzioni per la compilazione della dichiarazione Iva annuale, dove viene specificato: "… Tale dichiarazione deve essere redatta utilizzando lo specifico modello IVA 74bis … che non consente, peraltro, di richiedere il rimborso dell'eventuale eccedenza di credito risultante da tale modello".

Sentenza n. 19169 del 15/12/2003
La sentenza parte dal presupposto che la dichiarazione ex articolo 74-bis ha certamente la funzione di "fotografare" la situazione Iva dell'imprenditore al momento della dichiarazione di fallimento, ma, proprio in virtù di tale finalità, la dichiarazione per il periodo prefallimentare è equiparabile alla dichiarazione di cessazione dell'attività e, quindi, in capo alla curatela sorge il diritto al rimborso dell'eccedenza a credito.
Inoltre, la richiesta da parte dell'Amministrazione finanziaria di sostituire il rimborso del credito d'imposta con la detrazione nella successiva dichiarazione annuale del curatore, oltre che illegittima per le ragioni dette, potrebbe essere causa di possibile pregiudizio per l'amministrazione fallimentare, che rimarrebbe esposta al rischio di non recuperare tale credito, "se una dichiarazione ulteriore non fosse necessaria per mancanza di operazioni assoggettabili ad Iva".

Con la sentenza della Cassazione n. 7963 del 30 marzo 2007, la giurisprudenza ribadisce, con ampie argomentazioni, la validità della dichiarazione Iva relativa alle operazioni effettuate nel periodo ante fallimento, dandole dignità di dichiarazione annuale. Pertanto, in presenza di credito di imposta, il curatore ha diritto al rimborso dell'eccedenza e l'ufficio può opporre diniego solo a seguito di "rettifica" di tale dichiarazione.

La sentenza non tiene conto di quanto sancito dal Dpr 322/1998 che, al comma 4 dell'articolo 8, dispone "… Con le medesime modalità e nei termini ordinari, i curatori o i commissari liquidatori presentano la dichiarazione per le operazioni registrate nell'anno solare in cui e' dichiarato il fallimento ovvero la liquidazione coatta amministrativa"; pertanto, visto l'obbligo di presentazione della dichiarazione annuale, non è ravvisabile l'ipotesi indicata nella sentenza circa la mancata presentazione di una ulteriore dichiarazione.
Inoltre, lo stesso modello di dichiarazione ex articolo 74-bis non ha le caratteristiche tecniche per essere considerata assimilabile alla dichiarazione Iva annuale, mancando anche il quadro relativo alla manifesta volontà di richiedere a rimborso l'eccedenza a credito.

Richiesta di rimborso
Come per le imprese in attività, anche in corso di procedura concorsuale, qualora dalla dichiarazione annuale risulti un'eccedenza a credito, la stessa può essere riportata in detrazione nell'anno successivo ovvero l'importo può essere richiesto a rimborso in presenza dei presupposti di cui all'articolo 30 del Dpr 633/1972 e, comunque, sempre in caso di cessazione dell'attività.
Per le procedure concorsuali, la "cessazione d'attività" è da identificare col momento in cui sono ultimate le operazioni rilevanti ai fini Iva, a seguito di presentazione di dichiarazione di cessata attività ai sensi del comma 4 dell'articolo 35 del Dpr 633/1972, che non coincide necessariamente con la chiusura del fallimento.

Con la circolare 3/92 del ministero delle Finanze, è stato chiarito che i curatori fallimentari e i commissari liquidatori possono presentare la dichiarazione di cessazione di attività anche anteriormente alla chiusura della procedura concorsuale purché siano ultimate le operazioni rilevanti ai fini Iva, anche se permangono rapporti debitori o creditori in essere all'interno della procedura.
Prima dell'emanazione della circolare, all'interno delle procedure si creavano situazioni di stallo relativamente ai crediti Iva: da un lato, infatti, i curatori non potevano chiudere la procedura perché il rimborso deve essere necessariamente compreso nel riparto dell'attivo, dall'altro non si poteva chiedere il rimborso se la procedura non era chiusa.

Le procedure per la richiesta di rimborso e la successiva liquidazione, sono le stesse previste per tutte le altre imprese:

  • presentazione del modello VR presso il concessionario della riscossione competente territorialmente, a partire dal primo febbraio fino al termine ultimo previsto per la presentazione della dichiarazione Iva annuale, compilato in tutte le sue parti, con indicata la causale del rimborso
  • il modello, nei termini fissati dalla norma, viene inviato all'ufficio nella cui competenza territoriale ricade la ditta/società
  • il rimborso, atteso le peculiarità della tipologia (circolare 84/1998), non viene liquidato direttamente dal concessionario, ma dall'ufficio o con disposizione di pagamento in caso di conto fiscale aperto, o tramite ordinativo tratto dai capitoli di spesa, in caso di cessata attività ai fini Iva.

Compensazione debiti/crediti
In fase di controllo delle richieste di rimborso, gli uffici sono tenuti al controllo dell'insorgenza sia delle pendenze tributarie che della nascita del credito, in quanto, come chiarito dalla risoluzione 279/2002, non possono essere compensati i carichi pendenti antecedenti il fallimento con il credito sorto nel corso della procedura fallimentare poiché riferiti a soggetti diversi (fallito - massa fallimentare) in momenti diversi (anteriori i carichi pendenti - posteriore il credito).
Sarà pertanto possibile procedere alla compensazione di cui all'articolo 23 del Dlgs 472/1997 dei debiti del fallito solo fino a concorrenza del credito emergente dalla dichiarazione ex articolo 74-bis.

Cessione del credito
Dati i tempi di erogazione dei rimborsi, che spesso non coincidono con la necessità da parte dei curatori di chiudere le procedure, ci si avvale dell'istituto di cessione del credito, al fine di garantire il riporto dell'importo chiesto a rimborso all'interno dell'attivo da ripartire agli insinuati nel fallimento.
La cessione del credito emergente dalla dichiarazione annuale, disciplinata dal decreto 384/1997, per avere efficacia, deve essere redatta nella forma dell'atto pubblico o della scrittura privata autenticata da un notaio e regolarmente notificata sia all'ufficio competente all'erogazione del rimborso che al concessionario della riscossione competente in ragione del domicilio fiscale del cedente alla data di cessione. Deve inoltre riguardare l'intero importo chiesto a rimborso (trattandosi di rimborso unitario non può applicarsi quanto chiarito dalla risoluzione 103/2006 riguardante la cessione parziale del credito Iva) ed è inefficace se al momento della notifica risultano iscrizioni a ruolo in capo al cedente notificate in data anteriore a quella della notifica dell'atto di cessione. In questo caso, la cessione ha effetto solo per gli importi che eccedono le iscrizioni a ruolo.

Fideiussioni
Al fine di agevolare l'erogazione dei rimborsi alle procedure concorsuali, cui spesso viene negata, per ovvi motivi di solvibilità, l'emissione di polizze fidejussorie a garanzia dei rimborsi di importo superiore a 5.164,57 euro, con l'articolo 31, comma 1, lettera c), della legge 388/2000, è stato modificato l'articolo 74-bis che, all'ultimo comma recita: "In deroga a quanto disposto dal primo comma dell'articolo 38-bis, i rimborsi previsti nell'articolo 30, non ancora liquidati alla data della dichiarazione di fallimento o di liquidazione coatta amministrativa e i rimborsi successivi, sono eseguiti senza la prestazione delle prescritte garanzie per un ammontare non superiore a lire cinquecento milioni".
L'esonero dalla prestazione delle garanzie opera, quindi, sia per i rimborsi richiesti, e non ancora liquidati alla data di dichiarazione di fallimento sia per i rimborsi richiesti direttamente dal curatore fallimentare e l'importo di 258.228,45 euro è da considerare limite massimo riferito a tutti i rimborsi Iva erogati nel corso della procedura e non limite riferito al singolo periodo d'imposta (circolare 54/2002).

Chiusura della procedura
Ai sensi dell'articolo 118 del Rd 267/1942, la procedura concorsuale si chiude quando intervengono le seguenti fattispecie:

  1. nel termine stabilito in sede di dichiarazione fallimentare non sono state presentate domande di ammissione al passivo
  2. i creditori vengono totalmente soddisfatti nei crediti ammessi alla procedura ancora prima della ripartizione finale dell'attivo
  3. ripartizione finale dell'attivo
  4. qualora nel corso della procedura, sulla base della relazione al giudice delegato ai sensi dell'articolo 33 del Rd e dei successivi rapporti periodici del curatore, si evidenzi la totale impossibilità di soddisfare i creditori insinuati.

Nei casi in cui l'attivo sia stato interamente ripartito o nel caso in cui manchi del tutto attivo da ripartire, è evidente che non residua alcun attivo da restituire al soggetto fallito o reddito d'impresa in capo alla procedura.

Nell'eventualità di chiusura per integrale pagamento dei creditori o per inesistenza di passivo, il soggetto fallito (imprenditore o società) tornerà in bonis nella sua qualifica di imprenditore, e dovrà pertanto ricomprendere nel proprio patrimonio i beni del residuo attivo. Al momento della restituzione dei beni non si verifica nessuna tassazione, in quanto, visto che il soggetto fallito perde solo la disponibilità e non la titolarità del proprio patrimonio, detti beni non sono mai usciti dal patrimonio del soggetto ex fallito. L'assoggettamento all'imposta si avrà in caso di alienazione dei beni, visto che in tale circostanza si manifesta il momento impositivo (circolare 42/2004).
Il ritorno in bonis del soggetto fallito coinciderà dunque con la ripresa dell'attività precedentemente esercitata, che prosegue pertanto anche sotto il profilo fiscale.

Mentre ai fini delle dirette la continuità tra imprenditore - fallimento - imprenditore tornato in bonis ha una sua logica consequenzialità, e gli adempimenti pre e post fallimento sono stati ampiamente chiariti dagli organi competenti (cfr., ad esempio, le circolari 26/2002 e 42/2004), ai fini Iva i chiarimenti circa l'applicazione della normativa risultano piuttosto carenti, soprattutto in presenza di rimborsi da liquidare a procedura conclusa.

I problemi procedurali si manifestano soprattutto in presenza di partite Iva cessate dal curatore in periodi antecedenti la chiusura del fallimento. La possibilità di cessazione della partita Iva a conclusione delle formalità Iva del curatore, è stata data, come detto, al fine di includere il rimborso nell'attivo fallimentare per la successiva ripartizione fra i creditori. Avviene sovente, invece, che i rimborsi restino da liquidare a procedura fallimentare conclusa e senza che il curatore abbia fatto ricorso all'istituto della cessione del credito.
Se da un lato in caso di ditta individuale o di società di persone tornate in bonis il problema può essere facilmente superato con l'erogazione del rimborso secondo le normali previsioni delle norme relative (al titolare della ditta individuale, pro-quota ai soci della società di persone), diventa di difficile soluzione in caso di società di capitali.

Secondo quanto previsto dagli articoli 2448 e seguenti del Codice civile, le società di capitali devono procedere alla messa in liquidazione e alla nomina, con delibera dell'assemblea di soci, del liquidatore. Il liquidatore, quindi, nella sua qualità di rappresentante legale della società in fase di estinzione, è l'unico soggetto legittimato alla percezione del rimborso che deve emergere, salvo formale cessione del credito, dal bilancio finale di liquidazione (circolare 19/1993).

Tale previsione normativa lascia supporre che, per l'erogazione del rimborso, la società di capitali tornata in bonis deve ricostituire l'assemblea dei soci e, in tale sede, nominare il liquidatore che deve farsi carico della redazione del bilancio finale di liquidazione, in cui indicare il credito risultante dalla dichiarazione finale Iva presentata dal curatore e che, pertanto, il ritorno in bonis non è sufficiente ex se per procedere alla liquidazione del rimborso al rappresentante legale della società ante fallimento.

2 - fine. La prima puntata è stata pubblicata lunedì 8

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